Ci sono storie che nascono nel dolore e che, con il tempo, diventano testimonianze di forza e resilienza.
Il racconto arriva da una delle voci più note del panorama radiofonico e televisivo italiano, che ha scelto di aprire una finestra sulle ombre del suo passato, svelando momenti durissimi della sua adolescenza e della sua giovinezza. Una vita segnata sin dall’inizio da difficoltà familiari e da un rapporto complicato con la madre, che hanno inciso profondamente sul suo percorso personale e professionale.
La confessione è arrivata durante l’ultima puntata del podcast Tintoria, online oggi 9 settembre, dove l’artista ha raccontato senza filtri il cammino che l’ha condotta da un’adolescenza tormentata fino alla sua rinascita. La sua storia si intreccia con città diverse, fughe improvvise e scelte rischiose che l’hanno portata a vivere esperienze al limite.
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Ema Stokholma: “A Londra occupavo case e rubavo, volevo toccare il fondo”
Si tratta di Ema Stokholma, che ha ricordato le tappe cruciali della sua gioventù: l’arrivo a Roma a soli 15 anni, quando già lavorava e nessuno sembrava accorgersi della sua vera età; poi Milano, un passaggio fugace che non le regalò le soddisfazioni sperate. “La mia carriera da modella è stata un flop, quel mestiere ti deve proprio piacere. E a me non piaceva”, ha raccontato, spiegando così la decisione di trasferirsi a Londra.
Un trasferimento che non nacque sotto la luce della speranza, ma come un vero atto di resa. “Sono andata a Londra per farla finita. Volevo toccare il fondo, non ne potevo più di una vita che mi aveva messo davanti alle difficoltà sin dal primo ricordo. Era tutto difficile, avevo bisogno di mollare tutto e di lasciarmi andare”, ha confessato con sincerità.

La vita nella capitale britannica fu dura, ma anche segnata da episodi quasi surreali. “C’erano le case occupate, non c’era il problema. Giravi per la città, a volte dormivi in un cantiere. Piede di porco migliore amico… C’era una leggenda, se entravi e non ti beccavano non potevano più cacciarti. Una volta c’era una casa che sembrava abbandonata. Entriamo, sembrava un posto un po’ strano, ma era una specie di tribunale…”. Il mattino dopo arrivò la scoperta: “La mattina successiva ci sveglia la polizia, era una stazione della Metropolitan Police abbandonata… Eravamo un gruppo un po’ strano, si erano aggregati anche vecchi punk… ma gli agenti in quella circostanza sono stati molto gentili”.


Non mancavano i gesti estremi per sopravvivere. “In quel periodo ho mangiato anche dalla spazzatura, sapevamo quando i supermercati avrebbero buttato la merce… Per me era spirito di adattamento”, ha ammesso. E ai margini della legalità trovava persino una certa abilità: “Purtroppo ero bravissima… Andavo nelle strade dello shopping e quando uscivo dai negozi vestivo 7 persone. Toglievo l’antitaccheggio, avevo tutti vestiti con i buchi ma li avevo…”.