Una comunità sconvolta e una famiglia annientata dalla violenza: a Paupisi, piccolo centro in provincia di Benevento, l
a mattina del 30 settembre si è consumata una tragedia che nessuno riesce ancora a spiegare. Elisa Polcino, 44 anni, è stata uccisa a colpi di pietra dal marito Salvatore Ocone, che con la stessa ferocia si è accanito contro i figli. Cosimo, appena 15 anni, è morto sul colpo.
Antonia, 16 anni, è invece ricoverata in ospedale in condizioni gravissime dopo un delicato intervento chirurgico.
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A salvarsi, perché lontano, è stato solo il primogenito Mario, 23 anni, che in quelle ore si trovava a Rimini per lavoro. Al suo rientro, il ragazzo ha trovato un paese sotto shock e una casa ridotta a simbolo del dolore più grande. Mario, che lavora come cameriere in una pizzeria, ha parlato con i giornalisti senza riuscire a trattenere la frattura interiore tra l’amore filiale e l’orrore di ciò che il padre ha fatto. «Gli volevo bene», ha raccontato al Corriere della Sera, spiegando di non sapere se troverà mai la forza di andare a fargli visita in carcere. Alla domanda se riuscirà un giorno a perdonarlo, la risposta è stata secca: «No. Probabilmente no».
“Perché ho ucciso mia moglie”. Strage di famiglia di Benevento, le parole di Salvatore Ocone

Elisa Polcino, il figlio Mario Ocone: “Volevo bene a papà ma non lo perdono”
Il giovane si porta dentro anche un senso di colpa che lo divora: «Sono sicuro che se ci fossi stato io tutto questo non sarebbe successo», ha confidato. La consapevolezza di non aver potuto proteggere la madre e i fratelli lo tormenta, mentre rimane accanto ad Antonia, che i medici tengono in coma farmacologico. «Dobbiamo aspettare», ripete, aggrappandosi a una speranza che resta fragile ma ancora viva.
Mario respinge con decisione ogni ipotesi di un ambiente familiare segnato da tensioni insostenibili. «Che mio padre soffrisse di depressione ormai lo sanno tutti, ma nessuno era mai arrivato a pensare che potesse accadere una cosa del genere. Lui prendeva i farmaci, era seguito», spiega. La vita domestica non era esente da litigi, ma per il 23enne non c’erano segnali di una tragedia imminente: «A casa nostra non c’era un ambiente malato».

Mentre il figlio maggiore cerca di ricostruire un senso, Salvatore Ocone, 55 anni, è stato ascoltato a lungo dagli inquirenti. L’uomo avrebbe detto di aver agito spinto da continue aggressioni della moglie, ma la versione è stata subito smentita dal figlio. La realtà sembra invece radicata in un passato segnato dalla fragilità mentale: già nel 2011, a Ocone era stata diagnosticata una “psicosi cronica” e in quell’occasione fu sottoposto a un trattamento sanitario obbligatorio.


Ora resta un vuoto immenso. Una donna e un adolescente non ci sono più, una ragazza lotta tra la vita e la morte e un giovane uomo, Mario, porta sulle spalle il peso di una colpa che non gli appartiene ma che non riesce a scrollarsi di dosso. Il paese intero si stringe attorno a lui, ultimo baluardo di una famiglia che nel giro di poche ore è stata cancellata dalla furia di chi avrebbe dovuto proteggerla.