Il caso Garlasco sembra essersi temporaneamente spento sotto il sole d’agosto, come se anche la giustizia avesse deciso di prendersi una pausa estiva. Eppure, dietro l’apparente silenzio, il fermento attorno a questa vicenda giudiziaria non accenna a diminuire. Anzi, secondo l’avvocato Antonio De Rensis, difensore di Alberto Stasi, l’autunno sarà “molto caldo”,
con nuovi elementi che potrebbero riscrivere – ancora una volta – la storia di uno dei casi più controversi d’Italia.
De Rensis ha affidato le sue riflessioni al podcast Bugalalla, lanciando una previsione che ha il sapore di una minaccia al sistema giudiziario: “Il dna di Ignoto 3 è potenzialmente devastante”. L’avvocato parla con fermezza, sostenendo che “decine e decine di errori come in questa vicenda non solo non li ho mai visti, ma mai li avrei immaginati di vedere”.
Secondo lui, quello di Chiara Poggi potrebbe diventare il “caso più clamoroso della storia giudiziaria italiana”, proprio per l’entità delle omissioni, dei dubbi e delle contraddizioni accumulatisi in questi lunghi anni.

Garlasco, nuovi sviluppi
Ma non è solo l’enigmatico Ignoto 3 a scuotere gli equilibri. C’è anche la controversa questione dell’impronta 33, collegata al nome di Andrea Sempio, il nuovo indagato riemerso grazie alla riapertura delle indagini. In un’altra intervista, rilasciata a Filorosso, De Rensis afferma: “Noto che c’è stato un cambio, una fibrillazione negli ultimi tempi. Se non dovesse risultare inquinato, allora diventerà un problema enorme per tanta gente”. E proprio a ottobre, salvo ulteriori ritardi, sono attesi i risultati dell’incidente probatorio su quel frammento genetico trovato sotto le unghie della vittima. Un verdetto che potrebbe riaccendere la miccia.

Uno dei punti più delicati resta l’orario del delitto. De Rensis torna a insistere su quella finestra temporale di appena 23 minuti, durante la quale l’allarme della casa fu disattivato e Alberto Stasi non aveva un alibi. “Un’impresa molto difficile”, dice, lasciando intendere che sarebbe stato improbabile per il suo assistito entrare, uccidere, uscire e tornare a casa in quel ristretto lasso di tempo. Da qui il sospetto che la ricostruzione ufficiale poggi su fondamenta più fragili di quanto si pensasse.

Ma al di là della battaglia legale, l’avvocato sposta l’attenzione su una riflessione più profonda: “La nuova indagine rappresenta una speranza per tutti, non una sconfitta a prescindere, perché significa dire che c’è qualcuno che ha il coraggio e la forza di rimettere in discussione quello che è stato fatto prima”. Conclude con parole dure ma misurate: “Se c’è tanto dolore in questa vicenda, è innanzitutto colpa di chi ha ucciso la povera Chiara. E, in questo momento, è Alberto Stasi. Però, subito dopo, la colpa è anche di tutti questi errori”. Una dichiarazione che contiene insieme l’amarezza per la verità che tarda ad affermarsi e l’appello alla responsabilità collettiva di un intero sistema.