Flotilla, Travaglio smentisce Meloni: “Se Israele sparasse, sarebbe guerra contro l’Italia”

Nello studio di Otto e mezzo, su La7, il dibattito si accende attorno a una delle questioni più delicate di questi giorni: la missione Global Sumud Flotilla e le parole della premier Giorgia Meloni, che ha definito l’iniziativa “irresponsabile” e “contro il governo”. A prendere la parola è Marco Travaglio, direttore del Fatto Quotidiano, che risponde con fermezza alle accuse, difendendo il diritto dei partecipanti a portare avanti la loro missione umanitaria.

Il giornalista non risparmia critiche al governo, alla presidenza della Repubblica e al ministro della Difesa Guido Crosetto, accusati di piegarsi alla logica israeliana e di dimenticare i principi del diritto internazionale. Travaglio spiega che la Flotilla, composta da navi disarmate che trasportano viveri, opera in acque internazionali e non rappresenta alcuna minaccia militare, ricordando che il vero pericolo nasce dagli abusi di Israele, non dalle azioni dei volontari.

Travaglio: “Il governo non deve dire alla Flotilla cosa fare”

Durante il suo intervento, Travaglio sottolinea come i partecipanti alla missione siano consapevoli dei rischi, ma rivendica il loro diritto ad agire in autonomia: “Il governo che dice quello che deve fare la Flotilla, Mattarella pure. Ma la Flotilla è guidata da un gruppo di attivisti che vanno rispettati, che rischiano la pelle e prendono le loro decisioni. Fin dal primo giorno sapevano a cosa andavano incontro. E non perché il diritto internazionale stabilisca che debbano temere qualcosa: le acque davanti a Gaza non sono acque israeliane”.

Per il direttore, la questione non è di ordine pubblico ma di sovranità e diritto internazionale: Israele, afferma, ha ormai oltrepassato i limiti della legalità in più di un’occasione.

“Israele bombarda impunemente, dov’è il diritto internazionale?”

Travaglio allarga il discorso, denunciando un sistema di impunità che consente a Israele di agire senza conseguenze: “Ha bombardato sei paesi sovrani intorno a sé in due anni. Dov’era il diritto internazionale? Chi gliel’ha mai fatto rispettare?”.
Il giornalista ricorda poi che il blocco navale imposto nel 2009 da Tel Aviv avrebbe dovuto impedire il passaggio di armi a Hamas, ma nel tempo, sostiene, si è trasformato in una misura arbitraria e oppressiva. “Quel blocco serviva a fermare le armi, ma poi le stesse arrivavano con la complicità del governo Netanyahu e dei fondi del Qatar. È stato tutto un gioco politico per indebolire l’Autorità Nazionale Palestinese”.

Travaglio evidenzia come nessuna norma possa giustificare un attacco a navi disarmate che trasportano aiuti umanitari: “Non esiste blocco navale che consenta atti di guerra contro imbarcazioni pacifiche. Se Israele dovesse colpirle, si tratterebbe di un atto illegittimo e grave”.

“Se Israele spara, dichiara guerra all’Italia”

Il direttore del Fatto Quotidiano si dice profondamente preoccupato per le minacce israeliane nei confronti della Flotilla. “Mi auguro – afferma – che Israele si limiti a scortare le navi verso i propri porti, magari fermandole simbolicamente e rimpatriando gli attivisti. Mi auguro che non gli venga in mente di sparare. Perché se sparano, se fanno danni o vittime, non è l’Italia che dichiara guerra a Israele, ma Israele che la dichiara a noi e agli altri paesi le cui navi battono bandiera tricolore o europea”.

Travaglio ribadisce con forza che il diritto internazionale non sta dalla parte di Israele e che un eventuale attacco costituirebbe una violazione grave della sovranità dei paesi coinvolti nella missione.

Critiche al ministro Crosetto e al concetto di “paese amico”

Il giornalista riserva parole dure anche per il ministro della Difesa Guido Crosetto, che aveva ipotizzato la possibilità di arrestare gli attivisti italiani per “evitare rischi”. Travaglio replica con ironia ma anche con amarezza: “Ha detto che avrebbe firmato se li arrestassero soltanto. E poi continua a chiamare Israele ‘paese amico’. Ma conoscete un paese amico con il quale non si può parlare? Conoscete un paese amico che non ascolta gli amici?”.

Secondo Travaglio, le autorità italiane sarebbero preoccupate non tanto per la missione umanitaria, quanto per l’imprevedibilità delle reazioni israeliane. “Israele non ha detto ai governi europei che cosa intende fare con la Flotilla: non ha chiarito se intende sparare, lanciare droni, missili o speronare. Non ha detto nulla. E questo silenzio è inquietante”.

“Forse dovremmo chiederci che tipo di amicizia è questa”

In chiusura del suo intervento, Travaglio lancia una riflessione che suona come un atto d’accusa: “Noi abbiamo un paese che chiamiamo amico, ma che consideriamo così feroce da ritenere un arresto il male minore. Forse dovremmo cominciare a chiederci se sia il caso di continuare a chiamarlo amico”.

Il direttore del Fatto si conferma così una delle voci più critiche nel panorama giornalistico italiano verso la gestione del conflitto mediorientale e i rapporti con Israele. Le sue parole, pronunciate in diretta televisiva, accendono il dibattito politico e rilanciano il tema del rispetto del diritto internazionale, della libertà di azione degli attivisti e del ruolo che l’Italia dovrebbe avere in uno scenario sempre più instabile.

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